Sintomi somatici e disturbi emozionali

Nella pratica clinica della psichiatria capita con una certa frequenza di raccogliere storie di pazienti che arrivano al nostro ambulatorio dopo aver percorso un lungo itinerario di visite specialistiche ed esami strumentali di tipo prettamente medico o neurologico. Sono quei pazienti che giungono con diagnosi di “colon irritabile”, “fibromialgia”, “nevriti”, “prostatiti”, “gastrite cronica” etc., ma anche senza alcuna diagnosi e soltanto con una sintomatologia di tipo somatico. Questi pazienti generalmente non sono riusciti ad ottenere alcuna evidenza o riscontro strumentale nell’ambito della medicina di base e specialistica, e non hanno mostrato risposte significative a molteplici tentativi di terapie mediche e, solo dietro insistenza dei familiari o del medico di base (ormai esausto per l’ennesima richiesta di ulteriori accertamenti specialistici), arrivano all’ambulatorio dello psichiatra. Tale problematica, indicata dalla letteratura specialistica come “medically unexplained symptoms”, rappresenta un importante problema di sofferenza personale per i pazienti interessati, spesso con decorrenza cronica.

Una sintomatologia di tal genere, comunemente indicata come “psicosomatica”, rappresenta anche un significativo problema sociale in termini di costi aggiuntivi e sostanzialmente inutili per il sistema sanitario, riduzione delle capacità lavorative, sovraccarico di richieste di approfondimenti diagnostici e specialistici per la medicina di base.

Questi quadri clinici a carattere prevalentemente somatico, spesso, sono riferibili a problemi di natura psicopatologica, sottesi da una sofferenza emotiva che il paziente non riesce ad ‘afferrare’ e ad esternare, e spesso si configurano in veri e propri quadri depressivi ‘coperti’. I pazienti, in questi casi, non hanno consapevolezza di alterazioni affettive o di problematiche emotive, la loro ideazione rimane prevalentemente centrata sulla sintomatologia somatica, e questa polarizzazione dei propri atti riflessivi permette loro di evitare di confrontarsi con temi emotivi più profondi, mascherandoli alla propria consapevolezza.
Il “Parrucchiere depresso dal persistente bel tempo” del quadro di Dalì sembra riproporre, utilizzando la cifra del paradosso, il problema di una sintomatologia somatica che non trova spiegazioni soddisfacenti nell’ambito della clinica medica, dove sintomi fisici e problemi psichici si rincorrono come il sole con le nuvole del dipinto, e dove il paziente può essere ‘depresso’ nonostante il “persistente bel tempo”.

Un lavoro scientifico di qualche anno fa stimava, e la stima era per difetto, che i costi a carico del sistema sanitario per questo tipo di disturbi (rivelatisi poi funzionali e quindi “inesistenti” dal punto di vista medico), nei paesi dell’Unione Europea, avrebbero di gran lunga superato i 20 miliardi di euro relativamente al solo anno 2010 (Gustavsson et al, 2011). L’esempio paradigmatico di tali disturbi è senz’altro quello della fibromialgia, diagnosi che non ha mai trovato un suo corrispettivo anatomo-funzionale (in altre parole il paziente non ha nulla che non va dal punto di vista fisico, il suo corpo è integro), ma che viene fatta con una certa frequenza per dare un nome, e quindi un corrispettivo diagnostico, a dei sintomi fisici dolorosi che altrimenti rimarrebbero senza definizione! In effetti una sintomatologia di questo genere, che esiste senza però poter essere dimostrata e oggettivata dalla medicina ufficiale, crea spesso significativi problemi nel rapporto medico-paziente nella misura in cui mette a dura prova la credibilità e la competenza professionale dei medici e la credibilità e la legittimità dei pazienti. Infatti i medici, dopo un lungo e frustrante iter diagnostico, interpretano tale sintomatologia fisica come di natura ‘psicologica’ (“è tutto nella sua testa..”), o comunque tendono ad disconoscerne la natura medica o ‘reale’. Il rischio per il paziente è dunque quello di essere considerato “illegittimo” e “deviante”. D’altra parte per il paziente è il medico a non essere ritenuto abbastanza preparato per capire qual è il loro problema, e questo porta ad un atteggiamento di squalifica e disconoscimento del proprio ruolo professionale.

Nella pratica della medicina generale da una parte c’è la frustrazione del medico di fronte ad un paziente che non riesce a diagnosticare, e che gli evoca spesso sentimenti di impotenza. Dall’altra ci sono le aspettative dei pazienti che richiedono una legittimazione, e quindi un aiuto, rispetto a dei livelli di sofferenza spesso invalidanti su molti aspetti della loro vita. “Essere diagnosticati da l’autorizzazione ad essere malato. Quello che prima era un disturbo, diventa ora una malattia” (Jutel, 2010). E’ frequente quindi che le esperienze dei medici e dei pazienti, nell’ambito di questo tipo di patologia, diventino caratterizzate da sentimenti di risentimento e ostilità avvertiti da entrambe le parti.

Riporto ad esempio del problema un brano tratto da un post di un social forum molto frequentato in rete:

3077803273_aa67f9fb69_z Fibromialgia non so se sapete cos’e’ , neanch’io lo sapevo fino a quando mi e’ ‘ stata diagnosticata : disturbo dei neurotrasmettitori una specie di reumatismo che colpisce i muscoli e le articolazioni… in pratica ,come mi ha spiegato l’ultimo reumatologo che mi ha visitato,e’ una malattia autoimmune , le difese immunitarie combattono contro gli anticorpi.. da questo combattimento scaturisce il dolore… dolore che non mi lascia mai… vivo con il dolore in tutto il corpo… noi fibromialgici abbiamo 18 punti doloranti nel corpo ,i tenders point. testa collo braccia gambe inguine ecc… soffriamo di gonfiori alle mani al volto alle gammbe, camminare diventa sempre piu’ difficile, il dolore non ci lascia mai neanche la notte…… Tutto e’ cominciato 3 anni fa dopo un influenza sono cominciati i dolori poi un giorno ero in scooter con mio marito e ad un tratto un dolore forte alla gamba sinistra mi ha bloccato!!!!!!! non riuscivo piu’ a scendere dallo scooter,al che vado dal medico… faccio le relative analisi e la diagnosi arriva subito Fibromialgia. ma cosa si puo’ fare chiedo… niente mi risponde il medico, bisogna conviverci, si tratta di nervosismo… …. io sono del parere che quando i medici non sanno trattare una patologia dicono subito e’ nervosismo ,ansia depressione .Da premettere che depressa non sono, come tutti ho i giorni si e giorni no , ansiona ? nervosa? nella normalita’….Da qui inizia il mio calvario da un medico all’altro non ancora finito .. all’inizio mi curano con antidepressivo che dicono agisce per il dolore, un mese di leggero sollievo e poi ritorno come prima, poi antinfiammatori vari che su di me non hanno alcun effetto, nel frattempo finisco 2 volte al pronto soccorso per dolore al petto…..(altro sintomo) ma neanche la voltaren ci puo’!!!!!!! adesso si’ che mi sento depressa!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!non c’e’ cura?????e continuo la mia vita … con i dolori esco, vado al lavoro quando posso o passo giornate a casa e a riposo…. Sono un tipo testardo e non mi arrendo, mi documento sempre, e finisco a palermo da un neurologo , dato che dicono che e’ una questione di nervi, mi sapra’ curare lui, spero ,e vado piena di speranze… e meno male…questo dottore ha suo padre che ha la fibromialgia e quindi mi capisce!!!Sa di cosa parlo! sa dei dolori, dei bruciori all’orecchio che ogni tanto mi tormentano, capisce bene perche’ e’ uno che li vive e quindi e’ uno dei pochi medici che si interessa di questa patologia… e mi trascrive un farmaco per il dolore , solo per il dolore ,e che per avere la cura per fermare la malattia mi spedisce da un reumatologo che tratta la fibromialgia…( il 16 di questo mese ho l’appuntamento.)mi spiega che se non mi curo non camminero’ piu’ e che ho perso tempo…con la cura sto un po’ meglio, dormo di piu’ riesco a fare piu’ cose …..sono stata con dolori allucinanti per tre anni grazie a medici ignoranti..dal mio medico di base neanche ci vado più, quando ha visto il farmaco che prendo ha solo saputo dire:speriamo le faccia effetto!!!!!!!! gli auguro un giorno di provare cosa significa ….vivere cosi’….e anche se so che non guariro’ spero in una cura che mi faccia stare meglio!!!!!!!!! “ (testo scaricato dal social forum: http://blog.alfemminile.com/blog/seeone_425104_8873463/Sogni/fibromialgia)

Tali problemi somatici che non trovano una spiegazione medica pongono un problema di discrepanza tra conoscenza professionale specialistica ed esperienza quotidiana ‘laica’ della sofferenza. Infatti  possono “apparire incerti da un punto di vista medico anche quando sono devastanti da un punto di vista dell’esperienza” (Barker, 2008). La spiegazione psicologica dei sintomi da parte del medico può essere vissuta dal paziente come una sorte di delegittimazione, nel senso che questo implica che la patologia non é ‘reale’ come una malattia fisica. In questi casi la possibile ‘insinuazione’ di avere una malattia mentale (e quindi un disturbo psichiatrico) viene vissuta male, e non accettata, dai pazienti. Motivo per cui i medici tendono raramente a farle, e ricorrono a definizioni di scarsa evidenza scientifica come “psicosomatico”, “funzionale”, “somatizzazioni”, “fibromialgia” etc.

Nelle classificazioni mediche e specialistiche tradizionali, che spesso individuano questi disturbi come Disturbi Somatoformi, ci si riferisce soprattutto agli aspetti comportamentali della sofferenza e al disadattamento lavorativo. Da questa prospettiva vengono messi in secondo piano gli aspetti emotivi, anche perché questi rimangono sempre difficilmente afferrabili, in particolare nell’ambito della medicina di base, che rappresenta il primo importante punto di riferimento di questi pazienti. I pazienti, ma sono la minoranza, che riescono a superare questo primo filtro della medicina di base, e arrivano ad una valutazione specialistica (psichiatrica e/o psicologica), possono invece andare incontro ad un percorso di approfondimento e articolazione dei propri vissuti. In questi casi è frequente mettere in evidenza stati emotivi cristallizzati, sentimenti discrepanti inespressi, esperienze interiori poco integrate con la propria immagine di sé e la propria identità narrativa. E in questi pazienti spesso si mettono a fuoco dei nuclei depressivi (quelle che un tempo si chiamavano le “depressioni mascherate”), che nella maggior parte dei casi si riescono a risolvere con interventi farmacologici adeguati e/o con dei percorsi psicoterapeutici finalizzati a tematizzare quei livelli di sofferenza che, a questo punto, non possono più essere rappresentati e schermati soltanto dal sintomo fisico, ma necessitano di un’articolazione di quegli aspetti emotivi ed affettivi più profondi che il sintomo corporeo ha fino a quel momento mascherato.

 

pasquale

dott. Pasquale Parise

Psichiatria e Psicoterapeuta

www.pasqualeparise.it

Tel. 388 58 88 729

 

 

Foto di Petras Gagilas